14/12/10

Lettera a una madre

Vagando nella notte, il postino Sciarada manifesta al freddo la sua irritazione riguardo la "riforma" dell'Università pubblica. Si ripete pubblica, non Cepu.
Manifesta silenziosamente diffondendo un atomo del suo pensiero alla cittadinanza. A mo' di lettera.
Informa e si forma.
Le opinioni se le crea e non riuscendo a tenersele proprie le comunica. Non è roba grossa, ma cosa non scontata, sopratutto a Corridonia.
lo fa senza tanto schiamazzo, pagando il prezzo di una fotocopia e di un raffreddore. Perché una città dove singoli/associazione esternino il loro pensiero sulla polis in cui siamo immersi è meglio di una silenziosa astenzione all'ombra del potere centrale.
Soltanto perché noi siamo centrali. Deleghiamo ai nostri rappresentanti ma siamo noi il centro. Almeno dovremo esserlo.


Cara mamma, 

finalmente trovo il tempo di scriverti. Sai, andare a scuola, lavorare, per poi cercare di sopravvivere, e anche vivere di tanto in tanto, non concede molto tempo per pensare. E magari scriverti. Adesso ho del tempo, ma sono in pausa lavoro, quindi cercherò di essere breve.


Dicendoti che sto bene, ti voglio confidare una mia idea che mi sta cavalcando oramai verso una fantastica decisione. Le notti sui libri erano fino a qualche tempo fa una triste tortura. Mi annoiavo mente cadevo nel mondo di Orfeo. Non sentirti in colpa per questo, figuriamoci, era solo che contribuire nel portare un po' di pane a casa mi esauriva. Non soltanto le energie. 
Leggere, ora che sono cresciuta, mi permette di evadere. Di crescere. Di gioire, e magari cercare di cambiare la nostra situazione. 
È con  lacrime di gioia che ti dico ho deciso: voglio studiare all'Università!!! 
Mi impegnerò, te lo prometto... 
Non ti preoccupare per il soldi, userò quei pochi che ho risparmiato, poi ci sarà quella grande conquista di civiltà che si chiama Borsa di Studio per i meno abbienti. Siamo o no ancora in uno stato di diritto democratico con un sistema universitario pubblico?


Hai sentito, proprio in questi giorni stanno riformando l'università. Meno male. Al Governo dicono che sarà più efficiente, che premieranno il merito e sarà dalla parte degli studenti. Parole rassicuranti. 
Qualcosa, però, ha generato dei dubbi. Le proteste. Poi le manifestazioni. Dei profondi dubbi. Ci sono, infatti, alcune lezioni della vita che ho imparato. Come per esempio dietro l'ostentata sicurezza del potere politico si celano, a volte, dei pericoli per il popolo. Criticare mi permette di cercare di capire a fondo le azioni di chi ci comanda. Diffidare mi da la spinta ad informarmi, per cercare di avvicinarmi alla verità di cui mi parlavi tanto. Quella verità che mi hai detto di perseguire nel mio cammino.


Sai, ho visto inizialmente in questa “riforma” che del personale esterno al mondo accademico avrà maggior potere decisionale nel Consiglio d'Amministrazione dell'università così da far prevalere gli interessi del privato sulla didattica e sulla ricerca scientifica pubblica. Ma la scienza, insieme all'arte, non dovevano essere libere e libero il loro insegnamento? 


Questo proprio non lo capisco. Quando tu madre mi parlavi dei principi, costituzionali a tal proposito, pensavo poi che li avrei ritrovati nella vita sociale. Pensavo che li avrei visti scolpiti, oltre che nel mio cuore, nelle istituzioni pubbliche che si dovrebbero ispirare ad essi. 
Ma dove sono finiti?
L'incoerenza si è fatta carne, è venuta in mezzo a noi e ora si trasforma in un pasto abituale. Ci stiamo pericolosamente disaffezionando a quei principi costituzionali. Li stiamo dimenticando.
Addirittura scopro che vengono calpestati. Non ne è traccia neanche negli occhi di coloro che ci avevavo educato ad essi. Cancellati per la vergogna di non averli difesi. 
Perché lo hai fatto anche tu mamma?


Continuando a leggere ancora il ddl Gelmini mi accorgo del riconoscimento della figura del ricercatore come docente di terza fascia con delle tutele. Si, tu-te e le. Ciò non muterà affatto lo stato di precarietà dei circa 20000 ricercatori. 
Hai sentito mamma, 20000 persone che hanno dedicato la loro vita allo studio saranno destinati a fare i precari a vita!!! Finché non si stancheranno e andranno via. Oppure affosseranno i loro sogni alla triste realtà. Come se nella vita d'oggi non ci debba essere lo spazio per i sogni. E così i loro contratti, ora portati a tre anni e prorogabili per altri tre, saranno un'altra alchimia burocratica che li condurrà inesorabilmente verso la precarietà esistenziale. Non soltanto lavorativa. Nella dannata precarietà, una duratura insicurezza ancora le persone all'immutabilità e alle problematiche del presente. 


Io, mamma, non voglio parlare del presente, perché quello che vedo non mi piace. Anzi, mi fa schifo.
Bisogna parlare del futuro!!! 
Che fine faranno i ricercatori? 
Che fine farò io? Mi hai sempre detto di coltivare le mie passioni, che con l'impegno riuscirò a realizzarle. Mi parlavi dei capaci e meritevoli che anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi!!!
Mi parlavi anche di meritocrazia. In molti si riempono la bocca di tale parola. La abusano e ne stuprano il significato. Come il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca che si laurea a Brescia tre anni fuori corso e supera l'esame di stato in quel di Reggio Calabria perché il più facile d'Itala. Poi meritocraticamente, parlando di degustazioni sessuali del Presidente del Consiglio dei Ministri, diventa Ministro. Un non eccellente studente diventa Ministro della Repubblica Italiana. Che parla addirittura di meritocrazia? Il ridicolo non ha fine, così che il circolo meritocratico di questa “riforma” finisce con equiparare il Cepu alle Università. Il Cepu è uguale all'Università!!!?


Le sue sono soltanto parole. Vuote parole. Degli slogan di un Governo del fare pubblicitario che mansueta il popolo desideroso di cambiamento. 
Lo stesso avviene con le norme anti-parentopoli tanto sbandierate. Fa male vedere interi ceppi familiari arruolati nella sacra università soltanto per motivi parentali. Ma come si può escludere qualcuno per il proprio cognome? Ci vuole vera meritocrazia. Che rappresenti efficienza per il futuro e efficacia nel presente. Efficacia spuntata dal farraginoso ddl Gelmini che non riuscirà a cambiare, anche se in peggio, questa università nel breve periodo. La legge infatti parla chiaro: consiste in 500 norme, che necessitano di 100 regolamenti attuativi, 35 dei quali dovranno essere emanati solo dal governo. Ma chi giova questo? Alla semplificazione normativa?


Al grido di tutto cambi perché nulla cambi questa scellerata “riforma” non soltanto affosserà l'università pubblica, ma spezzerà la speranza che avevo di poter raggiungere un desiderio. 
Non sono una bambina sognatrice, ma soltanto una persona che vuole crescere, che chiede il diritto di studiare e il dovere di dare corpo ai sacri principi con cui mi hai cresciuta. 
Chiedo forse troppo?


Prima mamma, ti dicevo che avrei pagato con i miei risparmi e con l'aiuto dello stato. Mi illudevo. Forse venivo illusa. Dopo che la Gelmini aveva tolto 8,5 miliardi al comparto scuola e 1,5 all'Università nel 2008, oggi con una pura strategia di marketing rimette 800 milioni nei conti di quest'ultima. Ma con un piatto di lenticchie non risolverà il cronico e decennale sotto-finanziamento pubblico. Non ti illudere anche tu, perché i tagli si fanno sentire, sopratutto per me. Nella penultima legge di stabilità  i fondi devoluti al diritto allo studio sono passati da 246 milioni di euro del 2009, a 99 milioni per il 2010, 26 milioni per il 2011-2012 e per il 2013 sono previsti solo 13 milioni di euro. Farò anche io parte della legione degli idonei aventi diritto ma non beneficiari.
Hai capito?! Hanno trasformato l'istruzione mezzo del popolo per spezzare le catene dell'ignoranza in un vezzo per i pochi ricchi.

Tu madre hai cresciuto una figlia colma di desideri che non vede altra via d'uscita che l'espatrio. Verso mondi migliori, più giusti, più coerenti con se stessi. Oppure non vede altra scappatoia che una triste soppressione di tutti quei desideri che la tua educazione ha generato.
Io, invece, voglio il mio futuro qui. Dove, in mezzo al marasma di problemi all'italiana, mi sento a casa. Dove, però, non voglio che i miei diritti siano rispettati sulla pelle degli altri. Come i pensionati, diversamente abili, malati, emarginati e migranti. Perché una strisciante strategia comunicativa e politica ci sta portando ad uno scontro sociale. E mentre combattiamo inconsapevolmente questa guerra tra poveri, i manovratori se la ridono copiosamente.
Al di là del prossima caduta del governo, sei tu madre e tu società civile che sei al mio fianco, chiamata insieme a me a cambiare lo stato delle cose. Me lo devi. Anzi, te lo devi, affinché si completi la tua missione. Perché possano i nostri sogni camminare verso quei sani principi.


Andrea Germondari

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