A Tehran, in giugno, c’è una luce bellissima.
In una città enorme e moderna anche i vicoli nei quartieri popolari, alle spalle delle lunghe strade piene di negozi e uffici, sono luminosi, bianchi (come i muri) e verdi (come gli alberi presenti ovunque).
Neda cammina in una di queste strade strette insieme al suo maestro di musica, e amico di famiglia.
Neda Agha-Soltan ha la passione per la musica: pregusta il suono del pianoforte che ha appena ordinato e prende lezioni private di canto, non perché sia ricca ma perché in Iran è vietato alle donne cantare in pubblico.
E non è l’unica cosa che gli va stretta del suo paese: da quando ha divorziato giovanissima da suo marito fa fatica a trovare un lavoro.
Ma è una ragazza normale di Tehran, non vive male, lavora nell’agenzia di viaggio di famiglia e sogna di vedere il mondo.
Ha ancora negli occhi la luce della Turchia, dove ha conosciuto il suo ragazzo Caspar e dove sogna di trasferisi presto.
Ma qualcuno vuole rubare i suoi sogni e quelli di una generazione.
Neda non cammina in quel vicolo bianco e verde per caso, il 20 giugno.
Già da qualche giorno migliaia di persone protestano nelle strade per un sogno rubato.
L’ultra-conservatore Ahmadinejad ha stravinto le elezioni ma nessuno ci crede, non i milioni di iraniani che sanno di non averlo votato.
Già da qualche giorno la protesta viene repressa brutalmente: le milizie (i basiji) tagliano la folla di ragazzi in verde con le moto, vestiti di armature nere.
Ogni tanto usano dei coltelli per ferire, sparano se sono attaccati.
La folla non si spaventa, giorno dopo giorno aumenta, e Neda sa che non può tirarsi indietro.
Non è un’attivista, non fa politica ed è lontana dalla religione ma sente che è in gioco qualcosa di importante.
“Non andare figlia mia”, dice la madre.
“Se non vado io chi altri andrà? se tutti poi facessero così chi protestebbe?” risponde lei.
A modo suo Neda partecipa sempre, spostandosi con la sua Peugeot con l’aria condizionata rotta, col suo modo di vestire piuttosto occidentale che attirava l’attenzione – forse troppo – sulla sua bellezza.
Partecipa anche quel giorno, camminando piano, col suo maestro di musica, a distanza dagli scontri, incuriosita, in quel vicolo bianco e verde.
Si annunciava una giornata molto tesa: il leader supremo Khamenei nella preghiera del giorno prima, venerdì, non aveva concesso nulla ai cittadini che protestavano per lo scippo del proprio voto.
Era il segnale per la repressione più violenta?
Neda e il maestro si fermano.
In fondo al vicolo bianco e verde una barricata in fiamme e dietro un basiji in moto, e chissà quanti altri.
Alla fine il maestro riesce a convincere Neda: torniamo a casa, abbiamo visto abbastanza, si torna all’auto, siamo a metà del vicolo ci mettiamo poco.
A Neda sembrò per un attimo di vedere la luce della Turchia e quel cielo blu.
“Non avere paura Neda!” urlava il maestro.
Arash Hajazi un editore con un passato da medico, chinato su di lei, cercava disperatamente di fermare l’emorragia.
(email da Arash Hajazi a Paulo Coelho, amico e poeta brasiliano che pubblicava in Iran)
caro Paulo,
sono a Tehran. Il video dell’omicidio di Neda è stato ripreso da un mio amico, puoi riconoscermi nel video.
Ero il dottore che cercava inutilmente di salvarla.
È morta nelle mie braccia.
Sto scrivendo con le lacrime agli occhi.
Per favore non divulgare il mio nome.
Ti contatterò presto con più dettagli.
con affetto
Arash
Neda non è sola, intorno a lei decine di ragazzi riprendono con i telefonini l’immagine di un sogno infranto.
Il video di Neda riesce a uscire dall’Iran, in poche ore tutto il mondo lo vede, è l’omicidio più visto nella storia dell’uomo.
Neda amava viaggiare, forse alla fine il suo spirito c’è riuscito.
Neda cammina in una di queste strade strette insieme al suo maestro di musica, e amico di famiglia.
Neda Agha-Soltan ha la passione per la musica: pregusta il suono del pianoforte che ha appena ordinato e prende lezioni private di canto, non perché sia ricca ma perché in Iran è vietato alle donne cantare in pubblico.
E non è l’unica cosa che gli va stretta del suo paese: da quando ha divorziato giovanissima da suo marito fa fatica a trovare un lavoro.
Ma è una ragazza normale di Tehran, non vive male, lavora nell’agenzia di viaggio di famiglia e sogna di vedere il mondo.
Ha ancora negli occhi la luce della Turchia, dove ha conosciuto il suo ragazzo Caspar e dove sogna di trasferisi presto.
Ma qualcuno vuole rubare i suoi sogni e quelli di una generazione.
Neda non cammina in quel vicolo bianco e verde per caso, il 20 giugno.
Già da qualche giorno migliaia di persone protestano nelle strade per un sogno rubato.
L’ultra-conservatore Ahmadinejad ha stravinto le elezioni ma nessuno ci crede, non i milioni di iraniani che sanno di non averlo votato.
Già da qualche giorno la protesta viene repressa brutalmente: le milizie (i basiji) tagliano la folla di ragazzi in verde con le moto, vestiti di armature nere.
Ogni tanto usano dei coltelli per ferire, sparano se sono attaccati.
La folla non si spaventa, giorno dopo giorno aumenta, e Neda sa che non può tirarsi indietro.
Non è un’attivista, non fa politica ed è lontana dalla religione ma sente che è in gioco qualcosa di importante.
“Non andare figlia mia”, dice la madre.
“Se non vado io chi altri andrà? se tutti poi facessero così chi protestebbe?” risponde lei.
A modo suo Neda partecipa sempre, spostandosi con la sua Peugeot con l’aria condizionata rotta, col suo modo di vestire piuttosto occidentale che attirava l’attenzione – forse troppo – sulla sua bellezza.
Partecipa anche quel giorno, camminando piano, col suo maestro di musica, a distanza dagli scontri, incuriosita, in quel vicolo bianco e verde.
Si annunciava una giornata molto tesa: il leader supremo Khamenei nella preghiera del giorno prima, venerdì, non aveva concesso nulla ai cittadini che protestavano per lo scippo del proprio voto.
Era il segnale per la repressione più violenta?
Neda e il maestro si fermano.
In fondo al vicolo bianco e verde una barricata in fiamme e dietro un basiji in moto, e chissà quanti altri.
Alla fine il maestro riesce a convincere Neda: torniamo a casa, abbiamo visto abbastanza, si torna all’auto, siamo a metà del vicolo ci mettiamo poco.
A Neda sembrò per un attimo di vedere la luce della Turchia e quel cielo blu.
“Non avere paura Neda!” urlava il maestro.
Arash Hajazi un editore con un passato da medico, chinato su di lei, cercava disperatamente di fermare l’emorragia.
(email da Arash Hajazi a Paulo Coelho, amico e poeta brasiliano che pubblicava in Iran)
caro Paulo,
sono a Tehran. Il video dell’omicidio di Neda è stato ripreso da un mio amico, puoi riconoscermi nel video.
Ero il dottore che cercava inutilmente di salvarla.
È morta nelle mie braccia.
Sto scrivendo con le lacrime agli occhi.
Per favore non divulgare il mio nome.
Ti contatterò presto con più dettagli.
con affetto
Arash
Neda non è sola, intorno a lei decine di ragazzi riprendono con i telefonini l’immagine di un sogno infranto.
Il video di Neda riesce a uscire dall’Iran, in poche ore tutto il mondo lo vede, è l’omicidio più visto nella storia dell’uomo.
Neda amava viaggiare, forse alla fine il suo spirito c’è riuscito.
1 commento:
Complimenti per la festa e per il posto. Al convegno si è parlato di cose interessanti estremamente attuali, e proprio il discorso del blogger mi è parso il più brillante. Il video è stato molto crudo, non lo avevo mai visto.
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